La sindrome dell’impostore è l’incapacità di interiorizzare i propri successi, la difficoltà di saper riconoscere i propri meriti, il vivere con insicurezza il proprio ruolo, il non sentirsi mai soddisfatte per gli obiettivi raggiunti, sentendosi in ansia ogni volta che c’è un nuovo progetto, una nuova attività che richieda di mettersi in gioco.
Pur avendo una buona autostima – che comunque permette di raggiungere gli obiettivi prefissati – una parte di sé è convinta di non essere all’altezza, di non valere così tanto. Si pensa che essere brave davvero voglia dire riuscire a fare le cose senza fatica, al contrario di quanto accade nella propria esperienza, cioè tanto lavoro sodo e tanto impegno. E anche se i colleghi le ritengono reali esperte del settore, a molte donne viene spontaneo sminuirsi, dire che in fondo fanno solo il proprio lavoro, non riconoscendo, loro per prime, il proprio vero valore.
COME SI RICONOSCE
Avere dei dubbi sulle proprie capacità, avere dei momenti in cui ci si sente insicuri, è una cosa abbastanza normale per tutte le persone.
Da cosa si riconosce quindi la sindrome dell’impostore?
Innanzitutto, dalla frequenza con cui si hanno questi dubbi. Quanto spesso si pensa a ogni errore commesso, a ogni comportamento inadeguato, a ogni parola che poteva essere detta meglio. Altro sintomo è la tendenza al perfezionismo, all’attenzione esasperata per i dettagli, al bisogno di studiare e ristudiare per sentirsi preparati (col dubbio, comunque, che si poteva imparare ancora di più).
Ci sono situazioni poi in cui è più facile che emerga la sindrome dell’impostore. Ad esempio, quando si cambia ruolo o azienda o quando si deve affrontare un nuovo progetto.